Murubutu - L’ussaro triste testo (lyrics)

[Murubutu - L’ussaro triste testo lyrics]

Questa è la storia di un ussaro russo
Ora che la guerra era finita
Che succedeva mai?

Rientrava dalla lande d'arme ansante
In cuore e gambe
Aveva servito madre Russia nell'esercito
Di Pietro il Grande
Avanzando piano nel rigore del primo Gennaio
Giunse un ussaro russo in sella
A un purosangue baio
Lui era l'alto rango del sangue slavo
Negli occhi spuri il lago di
Sangue dell'assalto di Azov
Aveva corso fuggendo la peste con bestie
In grado di percorrere in due
Giorni almeno 200 verste
Giunse dalle foreste in un'alba di vetro
Ricordava i vecchi boiari dell'epoca
Prima di Pietro
I bottoni di rame brillavano sotto
I fiocchi e sopra
Un'ampia barba che iniziava appena
Sotto gli occhi
Sotto le notti aveva corso tra i bui
Ora lui riconosceva la terra
Lei non riconosceva lui
Le riforme avevano cambiato tutto per sempre
E il sangue nobile per quanto
Nobile non valeva più niente

Nonostante lo sguardo costante
Due lacrime calde rigavan le guance
Tu chiedi perché? Per quanto forte lui non
Riuscì a non piangere
Il vecchio mondo è morto e
Il nuovo tarda a nascere
Nonostante il suo corpo composto
Due lacrime calde rigavano il volto
Domandi perché?
Per quanto memore d’usi, abusi e regole
Nel tempo s’era perso il passo fra due epoche

L'ussaro vide le sue terre
D'Oriente perse per sempre
Dove il vento increspava i
Campi di segale verde
Dove l'erba perenne sommergeva la palude
Mentre la nebbia spargeva nell'aria
Odore di fiume rivide i ponti di sassi
I tronchi neri dei frassini
Le foglie chiare delle querce nane
E i sorbi selvatici
Il sottobosco mosso dove bastava
Un raggio solo
Per trasformare il giallo e il
Rosso in porpora e oro
Si avvicinò al villaggio spronando
Il sauro appena
Poi rallentò al ritmo di chi falciava l'avena
Aria fiera, il petto gonfio come un vela
Pretendeva rispetto
Che era nessuno lo riconosceva
La sua steppa in fiore dove
Regnava come un signore
Non era più sua, era terra dell'Imperatore
Che aveva impresso alla terra lo
Stampo di zar stanco
Di guardare a Mosca come seconda
Roma o terza Bisanzio
L'ussaro scese dal sauro con fare cortese
Sentì l'odore del lago e accarezzò
Il baio sul garrese
A lui pareva palese ricevere omaggi dal volgo
Ma solo cani e un bifolco
Storpio gli giravano intorno
Nessuno vedeva, nessuno voleva
Chi lo temeva come nessuno
Ora volgeva la schiena
Vide un cosacco suo servo con
Un collo da cervo
Fare a pezzi il suo stemma e gettarlo
A terra in mezzo allo sterco
Vide vicino a un'isba di pino
Una candela di sego
Illuminava una folla che ascoltava
Un vecchio cieco
Raccontava la steppa d'un tempo
Miserie ed offese
Quando il grano d'un mese rendeva
Solo poche copeche in monete
"E il padrone d'un tempo che
Il demonio lo porti!
- Diceva: -quel cane rognoso
Ozioso nobile succhia soldi
Si pensava un signore amato da tutti
Speriamo sia morto di tisi o
Per mano dei turchi!"
L'ussaro sentì nel cuore bruciare il dolore
Il suo nome nel fango alla
Stregua di un invasore
Cosi s'avviò verso il lago
Senza fretta o timore
Qualcuno lo vide mormorare qualcosa
Sotto le icone

Nonostante lo sguardo costante
Due lacrime calde rigavan le guance
Tu chiedi perché? Per quanto forte lui non
Riuscì a non piangere
Il vecchio mondo è morto e
Il nuovo tarda a nascere
Nonostante il suo corpo composto
Due lacrime calde rigavano il volto
Domandi perché?
Per quanto memore d’usi, abusi e regole
Nel tempo s’era perso il passo fra due epoche

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