Dargen D’Amico, Sewit Jacob Villa - Passerà Al Bar testo (lyrics)
[Dargen D’Amico, Sewit Jacob Villa - Passerà Al Bar testo lyrics]
Che, messa la giubba, torni presto
Ma ho il sospetto che quando chiuderà bottega
Prima di tornare a casa, passerà al bar
Dopo ogni pasto tua madre scende in piazza
Canta e si vanta
Che fanno la fila per pregarti
Come a Betlemme e non è un caso che porti
Il nome di una santa
Trovati un uomo con un impiego
Stabile su cui contare
Che ne so, un contabile
Il taschino con le penne
Un quarantenne è più affidabile
Di un universitario perenne ritardatario
Se non prendete casa troppo lontano da Milano
Posso accodarmi alle tue amiche
E passare nel weekend
Non preoccuparti per me
Ho chi mi dà una mano
Quando l'inverno copre e gela
Lucifero passa a salutarmi quasi ogni sera
Dopotutto è solo un uomo che
Ha sbagliato e chiede perdono
Ed è un uomo così solo che mi fa pena
Spero che questa sera mio padre non beva
Che, messa la giubba, torni presto
Ma ho il sospetto che quando chiuderà bottega
Prima di tornare a casa, passerà al bar
Ogni giorno che nasce devo soldi a qualcuno
Sento una voce uscire dalle sue tasche
Pago un debito ogni cambio di stagione
Con alcuni rischio la vita
Con altri la prigione
Ho le finestre chiuse e, nonostante ciò
Sento il vento
Mi guardo attorno e urlo che pago domani
Tu non lo sai, gli usurai sono animali
Mi tengono il fiato sul collo
Come schiavi di Sodoma
Questo è il vento che sento
A Natale, i benestanti al mare
Faccio la posta davanti la
Porta di sconosciuti
E col postino passo per questi
Rovisto tra la posta
E sono a posto se conquisto
Abbastanza per un pasto tanti saluti
Questa è casa mia, baby
Non c'è spazio per eredi
Apri gli occhi, perché se li chiudi ti illudi
E non sperare domani ci sarà
Più di quello che vedi
Spero che questa sera mio padre non beva
Che, messa la giubba, torni presto
Ma ho il sospetto che quando chiuderà bottega
Prima di tornare a casa
Credo tu abbia confuso
Credo tu abbia preso la mia dignità
Di uomo che bada a se stesso e non affonda
Per la dignità noncurante e consumata
Che ne so, di un Fonda o di un Prada
Credo in Dio finché non vivo
Per strada e nutro me
Ma giuro che l'abbandono quando
Non potrò permettermi le
Sciarpe, le scarpe, le tate
Le pappe e il futuro del mio bebè
Mio padre m'ha lasciato un livido complesso
Non lo vedevo spesso
Ma ricordo che da sobrio mi faceva le feste
Tutti gli altri giorni mi dava più schiaffi
Di quanti il mio viso ne contenesse
Mi ha lasciato cicatrici, non cultura
Ho paura che da me venga
Alla luce una creatura
Che, specchiandosi nella sua matrice
Si vergogni e sogni
Di tornare nell'incubatrice
Spero che questa sera mio padre non beva
Che, messa la giubba, torni presto
Ma ho il sospetto che quando chiuderà bottega
Prima di tornare a casa, passerà al bar